Cassazione, Diritto Penale, Sentenze

Tentato furto e compatibilità con il dolo alternativo

Cass. pen., Sez. V, 11 marzo 2025, n. 9907

LA MASSIMA

“Il dolo alternativo è figura pienamente compatibile con il tentativo poiché è una condotta nient’affatto equivoca diretta a perseguire obiettivi chiari nella mente dell’agente: il dolo alternativo, infatti, costituisce a tutti gli effetti una forma di dolo diretto in quanto consta di un atteggiamento volitivo mirante a un preciso evento, accanto al quale se ne prefigura, come certo o anche solo altamente probabile, uno ulteriore, che costituisce anch’esso scopo della condotta.”.

IL CASO
La Corte di appello, in riforma della pronunzia di primo grado con cui il Tribunale assolveva l’imputato per insussistenza del fatto di reato cui agli artt. 56, 624, 625, c. 1, c.p., ha ritenuto integrati gli estremi del tentativo punibile e, pertanto, ha condannato l’imputato alla pena di un anno di reclusione ed euro 300 di multa per il reato di tentato furto aggravato dall’aver agito travisato ai danni della persona offesa (egli, infatti, come ripreso anche dalle telecamere di sorveglianza della cittadina, travisato da un casco e con un motorino con targa alterata, prima seguiva e poi aggirava la vittima cercando ripetutamente di palpeggiare la tasca ove teneva il portafoglio).
Avverso la predetta sentenza ricorre per Cassazione l’imputato articolando sei motivi: con i primi due eccepisce la nullità dell’ordinanza di rinnovazione istruttoria dell’audizione del querelante e, per l’effetto, la nullità della sentenza; con il terzo e il quarto motivo rileva vizi motivazionali quanto alla ritenuta configurabilità del tentativo di furto in presenza di ipotesi alternative tra cui anche la desistenza volontaria; con gli ultimi due motivi si contesta il trattamento sanzionatorio in punto di mancata concessione delle attenuanti generiche e della sostituzione della pena irrogata con la detenzione domiciliare.

LA QUESTIONE
La Suprema Corte è chiamata a ribadire il proprio orientamento sulla compatibilità della figura del dolo alternativo con il tentativo.

LA SOLUZIONE
Rigettate tutte le preliminari questioni processuali poste giacché la rinnovazione istruttoria può spiegarsi anche nel processo argomentativo che motiva la decisione in sentenza, la Cassazione ritiene altresì infondati i motivi relativi alla configurabilità del tentativo di furto.
Nello specifico, la Corte ribadisce la piena compatibilità del dolo alternativo con la figura del tentativo in quanto trattasi di una forma di dolo diretto in cui il reo prevede e vuole, con scelta equipollente, uno degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria.
Per la configurabilità del tentativo, chiarisce la Corte, rilevano non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia deciso di attuarlo, con azione dalla significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato, salvo il verificarsi di eventi indipendenti non prevedibili dal reo.
Per queste ragioni, risulta indubbio che la condotta dell’imputato volta a frugare le tasche della vittima fosse diretta a derubare e, pertanto, la Corte di appello correttamente ha motivato in merito, ricavando utili elementi di giudizio da tutte le circostanze desunte aliunde, cioè dagli accadimenti appurati in prossimità del fatto contestato.
Inoltre, nel caso in esame non può nemmeno ravvisarsi un’ipotesi di desistenza, come affermato dalla difesa, in quanto, secondo pacifico principio, nei reati di danno a forma libera la desistenza volontaria è configurabile solo nella fase del tentativo incompiuto, ossia fino a quando non siano stati posti in essere gli atti da cui origina il processo causale idoneo a produrre l’evento.
La Cassazione, rigettando nel resto il ricorso per le ragioni sovraesposte, per violazione dell’art. 58 della legge 689/1981, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello per nuova valutazione dell’istanza di sostituzione della pena irrogata con la detenzione domiciliare. Contrariamente all’operato della Corte di appello, secondo l’orientamento di legittimità, infatti, i “fondati motivi” che non consentono la sostituzione della pena richiedono una motivazione adeguata e ‘rafforzata’ in merito al giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volta a privilegiare forme sanzionatorie consone alla finalità rieducativa e l’obiettivo di assicurare l’effettività della pena.